IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                            Sezione prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 10183 del 2016, proposto da M.M.,  rappresentata  e
difesa dall'avvocato Luigi Paccione, con domicilio eletto  presso  lo
studio del dott. Alfredo  Placidi  in  Roma,  via  Barnaba  Tortolini
n. 30; 
    Contro  Ministero  della  giustizia,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via  dei
Portoghesi n. 12; 
    Per l'annullamento 
      del provvedimento Ministero giustizia - Direzione generale  dei
magistrati - prot n. 0072812.U del 30 maggio  2016,  recante  rigetto
della richiesta di rimborso spese legali; 
      di ogni atto connesso, ancorche' ignoto, in quanto lesivo. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
giustizia; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  19  giugno  2019  la
dott.ssa Roberta Ravasio e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                  Fatto e svolgimento del processo 
 
    1. La ricorrente, dottoressa M.M. ..., giudice di pace presso  la
sede di ..., e' stata sottoposta a procedimento  penale  ed  imputata
dal reato p. e p. dall'art.  319-ter  del  codice  penale  per  fatti
commessi nell'esercizio delle funzioni di giudice onorario; e' stata,
poi,  assolta  dall'imputazione  ascrittale  «perche'  il  fatto  non
sussiste» etanto con sentenza del GUP presso il Tribunale di Lecce n.
5/14 dell'8 gennaio 2014 (depositata in segreteria il 7 aprile 2014),
divenuta irrevocabile in data 27 maggio 2014. 
    2. Reimmessa nell'esercizio delle funzioni con deliberazione  del
CSM del 22 luglio 2014,  la  dottoressa  M.  ...,  ha  presentato  al
Ministero della giustizia istanza  di  rimborso  delle  spese  legali
sostenute del corso del predetto procedimento penale, invocando a tal
fine l'art. 18 del decreto-legge n. 67/97, convertito nella legge  n.
135/1997. Tale richiesta e'  stata  respinta  con  provvedimento  del
Ministero della giustizia - Direzione generale dei magistrati - prot.
n. 0072812.U del 30 maggio 2016, che si fonda su due rilievi:  a)  la
norma citata riserva il beneficio di che trattasi ai soli  dipendenti
e/o amministratori pubblici e non puo'  trovare  applicazione  al  di
fuori delle ipotesi ivi specificamente disciplinate; b)  il  rapporto
che lega i giudici onorari al  Ministero  della  giustizia  non  puo'
essere inquadrato, nonostante la sua  continuita',  nel  modello  del
rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, e come tale sarebbe
sottratto alla applicazione dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97. 
    3. Con il ricorso in epigrafe indicato la dottoressa M.  ...,  ha
chiesto, a questo Tribunale amministrativo regionale,  l'annullamento
dell'indicato  provvedimento  ministeriale,  chiedendo  altresi'   la
condanna del Ministero al rimborso delle spese legali  sostenute  per
la difesa penale, nella misura gia' indicata  nella  istanza  del  23
ottobre 2014: il ricorso si fonda, in particolare: I) sulla  ritenuta
natura subordinata del  rapporto  che  lega  i  giudici  di  pace  al
Ministero della giustizia, che sarebbe reso manifesto  dall'esplicito
riconoscimento legislativo circa il fatto che  i  magistrati  onorari
sono inseriti nell'Ordinamento  giudiziario;  II)  sulla  conseguente
violazione dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97, convertito  nella
legge  n.  135/1997,  posto  che  i  magistrati  onorari,  in  quanto
appartenenti all'Ordine giudiziario (ex art. 1, comma 2, della  legge
n. 374/91), sono appunto da considerarsi a tutti  gli  effetti  quali
«dipendenti  dell'amministrazione  statale»;  III)  in  subordine  il
ricorso prospetta l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  18  del
decreto-legge n. 67/97: secondo la ricorrente, la circostanza  che  i
magistrati  onorari,  seppure  nell'ambito   di   un   rapporto   non
inquadrabile nel lavoro subordinato o parasubordinato, svolgono  vere
e proprie funzioni giurisdizionali, impone che  essi  debbano  fruire
del beneficio in questione, al pari di qualsiasi magistrato  «togato»
che venga ingiustamente accusato per  fatti  commessi  nell'esercizio
delle funzioni, venendo poi prosciolto con formula  piena.  L'attuale
formulazione dell'art. 18 del decreto-legge n. 69/97, se interpretato
nel senso di non includere, tra i possibili beneficiari, i magistrati
onorari, determina quindi una irragionevole ed ingiusta disparita' di
trattamento tra magistrati onorari e magistrati togati, in violazione
dell'art. 3 della Costituzione, in relazione agli  artt.  101  e  102
della medesima Carta costituzionale. 
    4. Il Ministero della giustizia si e' costituito in giudizio  per
resistere al ricorso. Richiamati i tratti distintivi sussistenti  tra
il rapporto che lega  il  Ministero  della  giustizia  ai  magistrati
onorari e professionali,  cosi  come  evidenziati  dalla  consolidata
giurisprudenza, il  Ministero  ha  sostenuto  che  l'inserimento  dei
magistrati onorari nell'Ordinamento giudiziario non puo' considerarsi
sintomatico dell'esistenza di un rapporto  di  lavoro  subordinato  o
parasubordinato, avendo la sola funzione di estendere, nei  confronti
dei magistrati onorari, i doveri, le responsabilita' ed  i  controlli
previsti per  i  magistrati  togati.  L'Avvocatura  erariale  ha,  in
particolare, richiamato pronunce di giudici di merito (cfr. Tribunale
di Roma, 12 ottobre 2012, n. 16466; Tribunale di Avellino, 8  gennaio
2013,  n.  17;  Corte  d'appello  di  Torino,  sentenza  n.  367/2015
pubblicata il 19 giugno 2014; Tribunale ordinario di Milano, sentenza
n. 2147/2016 del 14 luglio 2016 pubblicata il  20  luglio  3016),  le
quali hanno evidenziato  la  specialita'  del  trattamento  economico
previsto per i giudici  onorari,  la  cumulabilita'  di  esso  con  i
trattamenti  pensionistici  nonche'  la  possibilita'  garantita   ai
magistrati  onorari  di  esercitare  la  professione   forense,   per
affermare che ad essi non sono estensibili le posizioni giuridiche ed
economiche  previste  per  i  dipendenti  pubblici,  il  cui   status
giuridico ed  economico  e'  disciplinato  sulla  base  di  parametri
completamente diversi da quelli previsti per i  dipendenti  pubblici.
Nessuno spazio puo' dunque  esservi,  a  detta  del  Ministero  della
giustizia,  per  applicare  ai  magistrati  onorari  l'art.  18   del
decreto-legge n. 69/97. 
    5. Il ricorso e' stato chiamato, per la discussione  del  merito,
alla pubblica udienza del 19 giugno 2019, in occasione della quale la
ricorrente, anche con memoria scritta, ha  ulteriormente  argomentato
sulla incostituzionalita' dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97  ed
il ricorso e' stato introitato in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    6. Il Collegio ritiene  che  la  questione  di  costituzionalita'
prospettata da parte ricorrente sia rilevante  e  non  manifestamente
infondata, tenuto conto delle considerazioni che in appresso si vanno
ad esporre, anche in relazione all'infondatezza dei primi due  motivi
di ricorso. 
    7.  Per   quanto   riguarda   l'inquadramento   temporale   della
fattispecie, il Collegio  evidenzia  che  i  fatti  per  i  quali  la
ricorrente e' stata tratta a giudizio risalgono all'anno 2007, mentre
il provvedimento con cui il Ministero  della  giustizia  ha  respinto
l'istanza di rimborso delle spese legali e' del 30 maggio 2016: tutti
i fatti rilevanti ai fini della decisione ricadono, quindi, sotto  il
vigore della legge 21 novembre 1991, n. 374, essendo  anteriori  alla
riforma  della  magistratura  onoraria   attuata   con   il   decreto
legislativo n. 116/2017, attuativo della legge di delega n. 57/del 28
aprile 2016. 
    8. Relativamente alla questione se il rapporto tra  i  magistrati
onorari ed il Ministero della giustizia, come regolato  dalla  citata
legge n. 374/1991, potesse essere  qualificato  o  equiparato  ad  un
rapporto  di  pubblico  impiego  o   ad   un   rapporto   di   natura
parasubordinata, si richiama, tra le piu' recenti, la pronuncia della
Corte di cassazione, sezione lav., 9 se-ttembre 2016,  n.  17862,  la
quale ha categoricamente escluso che l'attivita' svolta  dai  giudici
onorari possa essere equiparata a quella di  un  pubblico  dipendente
ovvero a quella svolta da un lavoratore parasubordinato, e  cio'  sul
presupposto che la categoria del funzionario onorario, nel cui ambito
sono inclusi anche i magistrati onorari, ricorre, secondo risalente e
consolidata giurisprudenza (Cassazione sezione unite 8 gennaio  1975,
n. 27, Cassazione sezione unite 7 ottobre 1982, n.  5129,  Cassazione
sezione unite 20 marzo 1985, n. 2033,  Cassazione  sezione  unite  14
gennaio 1992, n. 363 e Cassazione sezione unite 17 febbraio 1994,  n.
1556),  quando  esiste  un  rapporto  di  servizio  volontario,   con
attribuzione di  funzioni  pubbliche,  ma  senza  la  presenza  degli
elementi  che  caratterizzano  l'impiego   pubblico.   La   pronuncia
medesima, inoltre, ha richiamato la sentenza  di  Cassazione  sezione
unite 9 novembre 1998, n. 11272, che ha tracciato la distinzione  tra
i due rapporti «in base  ai  seguenti  elementi:  1)  la  scelta  del
funzionario, che  nell'impiego  pubblico  viene  effettuata  mediante
procedure    concorsuali    ed    e',    quindi,     di     carattere
tecnico-amministrativo, mentre per le funzioni onorarie e' di  natura
politico-discrezionale; 2) l'inserimento nell'apparato  organizzativo
della pubblica amministrazione, che e'  strutturale  e  professionale
per il pubblico impiegato e meramente funzionale per  il  funzionario
onorario; 3) lo svolgimento del rapporto, che nel pubblico impiego e'
regolato da un apposito statuto, mentre  nell'esercizio  di  funzioni
onorarie e' privo di una specifica disciplina,  quest'ultima  potendo
essere individuata unicamente nell'atto di conferimento dell'incarico
e nella natura di tale incarico; 4) il compenso, che consiste in  una
vera e propria  retribuzione,  inerente  al  rapporto  sinallagmatico
costituito fra le parti, con riferimento al pubblico impiegato e  che
invece, riguardo al  funzionario  onorario,  ha  carattere  meramente
indennitario e, in senso lato, di ristoro degli oneri  sostenuti;  5)
la durata del rapporto che, di norma, e' a  tempo  indeterminato  nel
pubblico impiego e a termine (anche se  vi  e'  la  possibilita'  del
rinnovo  dell'incarico)  quanto  al  funzionario  onorario  (v.   per
ulteriori riferimenti Cassazione 3 maggio 2005, n. 9155 e  Cassazione
4 novembre 2015, n. 22569 che hanno escluso  l'inquadrabilita'  della
figura   giuridica   del   giudice   di   pace   in   quella    della
parasubordinazione, delineata dall'art. 409 del codice  di  procedura
civile, n. 3)». 
    9. In ordine alla natura del rapporto  di  servizio  instauratosi
tra i magistrati onorari ed il Ministero della giustizia  nel  vigore
della legge n. 374/91, si e', dunque,  consolidato  un  orientamento,
ancora  attuale,  che  esclude   la   possibilita'   di   qualificare
l'attivita' svolta dalla ricorrente, in qualita' di giudice di  pace,
nel senso da essa auspicato, cioe' come rapporto di pubblico  impiego
o, comunque, come rapporto di lavoro parasubordinato. 
    10. L'art. 18 del decreto-legge n. 67/97, convertito nella  legge
n. 135/97, stabilisce che «Le spese legali  relative  a  giudizi  per
responsabilita'  civile,  penale  e  amministrativa,   promossi   nei
confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza  di
fatti  ed  atti  connessi  con  l'espletamento  del  servizio  o  con
l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi  con  sentenza  o
provvedimento che escluda la loro  responsabilita',  sono  rimborsate
dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui
dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate,  sentita
l'Avvocatura  dello  Stato,  possono  concedere   anticipazioni   del
rimborso, salva la ripetizione nel caso di  sentenza  definitiva  che
accerti la responsabilita'». 
    11. Anche  in  relazione  a  tale  norma  si  e'  consolidato  un
orientamento,  che  si  puo'  ritenere  «diritto  vivente»,  che   si
interpreta nel senso che il beneficio ivi  previsto  spetta  solo  ai
pubblici  impiegati,  cioe'  a  coloro  che  siano  legati   ad   una
amministrazione da  rapporto  di  pubblico  impiego,  e  siano  stati
ingiustamente assoggettati a procedimento penale per  fatti  commessi
nell'esercizio delle funzioni. Sul  punto  si  richiama  la  sentenza
della Corte di cassazione, sezione lav., n.  25690  del  1°  dicembre
2011, che ha affermato,  con  riferimento  al  rimborso  delle  spese
legali in argomento, che "la particolare forma di tutela di  cui  qui
si controverte e' contemplata unicamente per  i  «dipendenti»,  ossia
per coloro che sono legati da un rapporto  di  pubblico  impiego  con
l'amministrazione e, in  difetto  di  diversa  previsione,  non  puo'
essere  estesa  a  quei  soggetti  che,  pur   operando   nell'ambito
dell'amministrazione pubblica, svolgano le proprie funzioni  in  base
ad altro titolo, segnatamente di amministratore comunale». 
    11.1. Il principio e' stato ribadito dalla Corte  di  cassazione,
sezione III, con la sentenza 25 settembre 2014, n. 20193, la quale ha
esplicitamente affermato che i rapporti di servizio  onorari  -  come
sarebbe, ad esempio, quello che intrattiene un assessore  con  l'Ente
locale di appartenenza - non sono compresi tra  quelli  ai  quali  si
applica il beneficio  previsto  dall'art.  18  del  decreto-legge  n.
67/97, precisando che tale norma si sottrae  ad  una  interpretazione
analogica o estensiva «Non  soltanto  perche'  si  verte  di  materia
disciplinante,  secondo  parametri  di  rigore  e  tassativita',   le
modalita' ed i presupposti sostanziali di impiego di denaro pubblico,
ma anche perche' relative ad una  fattispecie  resa  peculiare  dalla
sussistenza di un rapporto di pubblico impiego, non riscontrabile con
riguardo all'amministratore. Nel caso in oggetto, in  altri  termini,
il  rimborso  viene  richiesto  con  riguardo   ad   una   situazione
obiettivamente differente da  quelle  disciplinate,  perche'  segnata
dall'assenza di  un  rapporto  organico  di  dipendenza  con  l'ente.
Sicche' appare  conforme  ai  criteri  interpretativi  generali  (ubi
voluit dixit, ubi noluit tacuit) ritenere  che  non  si  sia  qui  di
fronte,  in  realta',  ad  una  vera  e  propria   lacuna   normativa
suscettibile di essere colmata in via di  interpretazione  analogica,
bensi' di una diversa disciplina prevista  e  voluta  come  tale  dal
legislatore. E tale diversa disciplina trova giustificazione  proprio
nella specificita' insita nella mancanza -  nel  caso  dell'assessore
comunale - di un rapporto di lavoro dipendente con l'ente  locale  e,
in particolare, nella natura onoraria di  tale  rapporto  (Cassazione
sezioni unite n. 478 del 13 gennaio  2006;  Cassazione  n.  12645/10;
Cassazione 25690/11).» 
    11.2. Tale orientamento e' stato anche posto a  fondamento  della
sentenza della Corte d'appello di Genova, sezione lav., n. 3  del  1°
febbraio 2019, la quale ha statuito che «Le Autorita' portuali  hanno
natura giuridica di  enti  pubblici  non  economici;  la  nomina  del
Presidente dell'Autorita' portuale va ricondotta alla investitura  in
una  carica  pubblica  e  non  puo'  per  certo  configurarsi   quale
costituzione di un rapporto di pubblico impiego, ma quale  assunzione
di un  incarico  fiduciario  affidato  da  un'autorita'  governativa,
temporalmente  limitato  e  connesso   all'esercizio   di   pubbliche
funzioni. Di conseguenza il rapporto che lega l'Autorita' portuale al
suo Presidente va qualificato come assunzione di incarico  fiduciario
assimilabile a quello di  un  funzionario  onorario  con  conseguente
esclusione  di  applicazione  analogica  o  estensiva  dell'art.  18,
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella legge 23  maggio
1997, n. 135 che prevede le  spese  legali  relative  a  giudizi  per
responsabilita'  civile,  penale  e  amministrativa,   promossi   nei
confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza  di
fatti  ed  atti  connessi  con  l'espletamento  del  servizio  o  con
l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi  con  sentenza  o
provvedimento che escluda la loro  responsabilita',  sono  rimborsate
dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui
dall'Avvocatura dello Stato.». 
    11.3. Ritiene pertanto il Collegio che relativamente ai primi due
motivi  di  ricorso  e  alla   interpretazione   dell'art.   18   del
decreto-legge n. 67/97 si sia costituito un «diritto vivente» che: a)
esclude  che  la  norma  possa  essere  applicata  estensivamente   o
analogicamente ad ipotesi ivi non specificamente contemplate;  b)  la
norma riserva il  beneficio  delle  spese  legali  di  difesa  in  un
procedimento penale, solo a soggetti legati allo Stato da un  vero  e
proprio rapporto di pubblico impiego;  c)  il  rapporto  di  servizio
esistente tra lo Stato ed il funzionario onorario non e' assimilabile
a quello di pubblico impiego e, pertanto, non rientra nell'ambito  di
applicazione dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97. 
    12.  Cio'  chiarito,  ritiene  il  Collegio  che  l'art.  18  del
decreto-legge n. 67/97, come interpretato dal  diritto  vivente,  nei
termini dianzi  riassunti,  presti  pero'  il  fianco  a  censure  di
incostituzionalita', in  relazione  all'art.  3  della  Costituzione,
nella parte in cui non prevede che i funzionari onorari dello  Stato,
nella misura  in  cui  svolgono  funzioni  sostitutive  o,  comunque,
equivalenti  a  quelle  svolte  da  funzionari  pubblici  dipendenti,
possano fruire  del  beneficio  in  parola  nel  caso  in  cui  siano
sottoposti   ad   un   procedimento   penale   per   fatti   commessi
nell'esercizio delle funzioni, venendo poi prosciolti dalle accuse. 
    12.1. Considera il Collegio che il rimborso  delle  spese  legali
riconosciuto dall'art. 18 del decreto-legge n. 67/97 non  costituisce
una componente del trattamento economico del dipendente pubblico, ne'
un «benefit» collegato al particolare status del  dipendente  stesso.
Trattasi, invece, di una provvidenza che viene erogata,  una  tantum,
solo ove si verifichino le circostanze indicate dalla norma, la quale
trova la sua ragion d'essere - secondo condivisibile giurisprudenza -
nella esigenza di tutelare il dipendente dall'ingiusta sottoposizione
a giudizi di responsabilita' civile, penale e amministrativa,  dovuta
all'esposizione  causata  da  ragioni  inerenti  lo  svolgimento  del
servizio, nonche', di porre la pubblica amministrazione al riparo  da
una perdita di efficacia del proprio operato  che  detta  esposizione
potrebbe determinare (Cassazione civile,  sezione  lav.,  8  novembre
2018, n. 28597). Nello stesso tempo si deve  rilevare  che,  pur  non
incidendo in concreto sul  trattamento  giuridico  ed  economico,  il
diritto in questione e' generalmente riconosciuto ad ogni  dipendente
pubblico,  indipendentemente  dalle  funzioni  svolte,  e  quindi  e'
espressione di un principio generale, o quantomeno di una regola  che
non  ha  affatto  il  carattere  della  eccezionalita',   nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni. 
    12.2. Il Collegio dunque ritiene necessario investire il  giudice
delle leggi in ordine alla ragione per la quale non possa fruire  del
diritto in parola anche il funzionario onorario chiamato a  svolgere,
in via sostitutiva, temporanea o «a regime», le medesime funzioni che
svolge/potrebbe svolgere anche un funzionario pubblico, in  tal  modo
esponendo se' stesso, e l'amministrazione a favore della quale presta
servizio,  ai  rischi  connessi   all'espletamento   delle   relative
funzioni. Da questo punto  di  vista  il  Collegio  ritiene  che,  in
riferimento all'art.  18  del  decreto-legge  n.  67/97,  non  appaia
manifestamente  infondata  la  questione   posta   sulla   violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  laddove  tale  legge  non  prevede
l'estensione del diritto ivi contemplato anche ai funzionari onorari,
o  quantomeno  a  quei  funzionari  onorari  che  svolgano   funzioni
sostitutive/integrative, ed  in  ogni  caso  di  valore  equivalente,
rispetto a quelle svolte da funzionari «di ruolo»,  traducendosi  una
tale omissione  in  una  disparita'  di  trattamento  tra  situazioni
identiche,   che   non   trova   fondamento   in   una    ragionevole
giustificazione, considerato che  un'eventuale  estensione:  a)  come
gia' precisato, non incide/inciderebbe sulla natura del  rapporto  di
servizio del funzionario e sul relativo  trattamento  economico,  che
rimane/rimarrebbe inaerato, evitando cosi un aggravio  della  finanza
pubblica  sproporzionato  rispetto  al   beneficio   conseguente   al
riconoscimento del diritto; b) andrebbe a giovamento dello Stato, che
si  vedrebbe  meglio  tutelato  anche  rispetto  alla  attivita'  dei
funzionari  onorari,  che  a  loro  volta,  sentendosi   maggiormente
tutelati, sarebbero anche maggiormente responsabilizzati e propensi a
rendere un servizio di qualita',  in  particolare  sotto  il  profilo
della indipendenza ed imparzialita'. 
    12.3.  Per  quanto  concerne,  specificamente,  il  personale  di
magistratura, va soggiunto che, proprio per il fatto che  il  diritto
in questione e' funzionale a garantire  al  funzionario  la  migliore
difesa, al fine di evitare ingiuste declaratorie  di  responsabilita'
per fatti commessi nell'esercizio delle funzioni,  il  riconoscimento
del rimborso delle spese legali di cui all'art. 18 del  decreto-legge
n. 67/97 contribuisce indirettamente a  garantire  l'indipendenza  di
giudizio dei magistrati, tutelata dagli artt. 104, comma 1,  107,  e,
con specifico riferimento alle magistrature speciali ed  ai  pubblici
ministeri, dall'art. 108,  della  Costituzione:  dunque,  il  mancato
riconoscimento di tale diritto  ai  magistrati  onorari  risulterebbe
incoerente  e  lesivo  anche  dei   citati   articoli   della   Carta
costituzionale che tutelano l'indipendenza della magistratura. 
    12.4. Il Collegio dubita, infine, che il  mancato  riconoscimento
del diritto al rimborso alle spese legali ai funzionari onorari possa
incidere sulla qualita' del servizio e, quindi,  sul  buon  andamento
della amministrazione della giustizia; pertanto la norma di legge  in
questione, non  approntando  una  organizzazione  della  magistratura
onoraria tale da assicurare il buon andamento  della  amministrazione
della  giustizia,  risulterebbe  anche  lesiva  dell'art.  97   della
Costituzione. 
    12.5. Tutto cio' considerato, quindi,  ritiene  il  Collegio  che
l'attuale formulazione dell'art. 18 del decreto-legge n.  67/97,  nel
non prevedere  il  rimborso  delle  spese  legali  anche  favore  dei
funzionari onorari, o quantomeno di quei funzionari onorari che, come
i  magistrati   onorari,   siano   chiamati   a   svolgere   funzioni
sostitutive/integrative, e comunque equivalenti, a quelle svolte  dai
funzionari «di ruolo», comporta il prospettarsi di una questione  non
manifestamente infondata di costituzionalita', richiedendosi, al fine
della conformita' a Costituzione, il riscontro  della  ragionevolezza
delle norme censurate, ragionevolezza che si esprime nel rapporto  di
congruita' del mezzo al fine (ex plurimis: Corte  costituzionale  nn.
264/1996, 270/2010,  62/2013),  e  nella  verifica  della  intrinseca
coerenza  (ex  plurimis:  Corte  costituzionale   nn.   195/1998)   e
congruenza del sistema (ex plurimis: Corte costituzionale  n.  84/97,
509/2000, 70/2010, 333/2010, 185/1995), che appunto non si apprezzano
in quello disegnato dalla attuale formulazione della norma. 
    13. Il Collegio precisa, a questo punto, di non  poter  pervenire
direttamente, come  auspicato  nei  primi  motivi  di  ricorso  dalla
ricorrente,  ad  una  interpretazione  della   norma   in   argomento
differente da quella dianzi prospettata, segnatamente  nel  senso  di
includere  i  funzionari  onorari,  chiamati  ad  espletare  funzioni
sostitutive/integrative, e comunque equivalenti, a quelle  svolte  da
funzionari di ruolo della Amministrazione  statale,  o  quantomeno  i
magistrati onorari, nel novero delle persone che possono  fruire  del
rimborso delle spese legali previsto dalla richiamata norma,  e  cio'
in  ragione  della  lettera  della  stessa,   che,   indicando   come
beneficiari i «dipendenti di amministrazioni statali» e come soggetti
obbligati  ad  effettuare  il   rimborso   «le   amministrazioni   di
appartenenza», testualmente riserva il  beneficio  solo  ai  soggetti
legati allo Stato da un rapporto di lavoro di  impiego  pubblico,  di
guisa che una  interpretazione  che  estenda  il  beneficio  anche  a
funzionari onorari, come i magistrati onorari, si tradurrebbe in  una
forzatura della norma, in una arbitraria invasione della potesta' del
legislatore e nell'aumento di oneri a carico della  finanza  pubblica
senza preventiva autorizzazione  parlamentare,  il  che  di  per  se'
renderebbe una siffatta interpretazione, analogica o estensiva, della
norma, non costituzionalmente orientata, in relazione alla  possibile
violazione dell'art. 81 della Costituzione. Ribadito, infine, che una
interpretazione analogica o estensiva della  norma  e'  espressamente
esclusa dal «diritto vivente», come sopra si e' gia' fatto  rilevare,
solo un intervento della Corte  costituzionale  puo',  allora,  porre
rimedio  alle  censure  di  costituzionali,  sopra  prospettati,  che
attingono l'art. 18 del decreto-legge n. 67/97. 
    13.1.  Il  Collegio  ritiene  pertanto  che   la   questione   di
costituzionalita', che si solleva  con  la  presente  ordinanza,  sia
ammissibile  in  ragione  della  sua  non  manifesta  infondatezza  e
dell'impossibilita' di dare della norma censurata una interpretazione
costituzionalmente orientata, tenuto conto del  fatto  che  la  Corte
costituzionale «...ha in  piu'  occasioni  affermato  che  quando  il
rimettente si  prospetta  la  via  dell'interpretazione  conforme  ma
esclude che essa  sia  percorribile,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale che ne deriva non  puo'  ritenersi  inammissibile.  Al
contrario, laddove  l'univoco  tenore  letterale  della  disposizione
precluda  un'interpretazione  conforme,  s'impone  il  sindacato   di
legittimita' costituzionale (da ultimo, ex multis, sentenze n.  83  e
n. 82 del 2017, n. 241 e n. 219 del 2016)» (Corte  costituzionale  n.
268/2017), ed ha inoltre precisato che il fatto che l'interpretazione
proposta risulti, o meno, conforme ai  parametri  della  Costituzione
indicati dal  rimettente,  «attiene  evidentemente  al  merito  della
questione  qui  prospettata,  e  non  gia'  al  dedotto  profilo   di
inammissibilita'   per   omesso   esperimento   di    interpretazione
costituzionalmente conforme  della  disposizione  censurata.»  (Corte
costituzionale n. 197/2018). 
    14. La questione di  costituzionalita'  che  si  solleva  con  la
presente ordinanza risulta poi rilevante ai fini  del  decidere,  dal
momento che l'esclusione dei  magistrati  onorari  dal  novero  delle
persone che possono  fruire  del  diritto  al  rimborso  delle  spese
legali,  contemplato  dall'art.  18  del  decreto-legge   n.   67/97,
costituisce l'unica ragione posta a  fondamento  dell'atto  impugnato
nel presente giudizio: sicche', ove dichiarata  l'incostituzionalita'
della norma citata nei sensi indicati in  motivazione,  ovvero  nella
parte in cui non prevede che tale  rimborso  possa  essere  accordato
anche    ai    funzionari    onorari    che     svolgano     funzioni
sostitutive/integrative e comunque equivalenti  a  quelle  svolte  da
funzionari pubblici di ruolo, o, quantomeno, ai  magistrati  onorari,
il  Collegio  dovrebbe  pervenire  all'annullamento   dell'atto   per
violazione dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97,  con  conseguente
obbligo della Amministrazione di rideterminarsi tenendo  conto  della
astratta ammissibilita' della ricorrente al beneficio,  e  procedendo
quindi a valutare se sussistano, in concreto,  i  requisiti  indicati
dalla norma per concederle il rimborso delle spese legali. 
    14.1. Valga dipoi la considerazione che magistrati  onorari,  per
definizione, svolgono funzioni sostitutive/integrative ed equivalenti
a quelle svolte dai magistrati «togati», come si desume dal fatto che
la loro nomina avviene in  base  a  norme  legislative  che  traggono
fondamento nell'art. 106,  comma  2,  della  Costituzione,  il  quale
stabilisce che «La legge dell'ordinamento giudiziario puo'  ammettere
la nomina,  anche  elettiva,  di  magistrati  onorari  per  tutte  le
funzioni attribuite ai  giudici  singoli»,  con  cio'  esplicitamente
ammettendo che le funzioni dei  magistrati  onorari  sono  del  tutto
equivalenti e sostitutive rispetto  a  quelle  svolte  da  magistrati
professionali. Di  conseguenza,  la  questione  di  costituzionalita'
sollevata  risulta  comunque  rilevante,  sia  con  riferimento  alla
violazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione,
il cui rispetto imporrebbe  l'estensione  del  beneficio  a  tutti  i
funzionari onorari, sia con riferimento agli artt. 104, comma 1,  107
e 108, comma 2,  laddove  l'indipendenza  della  magistratura  e  del
relativo operato imporrebbero, in concorso con il  parametro  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, l'estensione  del  beneficio  ai  soli
magistrati onorari. 
    15. Sotto diverso profilo il Collegio ritiene che la questione di
costituzionalita' sollevata con la presente  ordinanza  non  richieda
alla Corte di individuare alcun elemento di  carattere  discrezionale
che sia ascrivibile alla esclusiva competenza del  legislatore  (cfr.
ad esempio, Corte costituzionale, sentenza n. 198/2009):  invero,  la
scelta di rimborsare le spese legali ai funzionari  dipendenti  delle
amministrazioni statali, che siano stati sottoposti  ingiustamente  a
giudizi di responsabilita' per fatti  commessi  nell'esercizio  delle
funzioni, e' gia' stata compiuta dal legislatore, che ha  anche  gia'
individuato i requisiti per accedere al beneficio  in  questione.  Il
Collegio si domanda, pertanto, se  tale  beneficio,  cosi  come  gia'
disciplinato, non debba essere esteso  anche  a  favore  degli  altri
soggetti su indicati, sul presupposto che essi  prestano  servizio  a
favore  dello  Stato  nelle   medesime   condizioni,   e,   pertanto,
corrisponde alla ratio della norma darne applicazione  anche  nei  di
loro confronti. 
    15.1. Cio'  potrebbe  consentire  alla  Corte  costituzionale  di
pronunciarsi anche con  una  sentenza  c.d.  «additiva»,  qualora  lo
ritenesse. Tale possibilita' puo' rinvenirsi dalla constatazione che:
a) l'interpretazione dell'art. 18  del  decreto-legge  n.  67/97  qui
accreditata, nel non prevedere in maniera esplicita che  il  rimborso
delle spese legali possa essere accordato anche ai funzionari onorari
e/o ai magistrati onorari, esclude il beneficio in  parola  a  favore
dei  predetti  soggetti;  b)  l'estensione  del  beneficio  anche  ai
funzionari  onorari,  ed  in  particolare  ai   magistrati   onorari,
costituisce,  secondo  l'avviso  del  Collegio,  l'unico   modo   per
riportare la  norma  nell'alveo  della  conformita'  a  Costituzione,
integrando una  soluzione  costituzionalmente  obbligata,  nel  senso
indicato nella ordinanza della Corte n. 256/2017. 
    15.2. Si tratterebbe, piu' precisamente,  di  una  sentenza  c.d.
«additiva di prestazione»,  poiche'  comporterebbe  l'estensione  del
beneficio in parola ai funzionari, o  ai  soli  magistrati,  onorari:
nondimeno, anche tale constatazione non pare  costituire,  ad  avviso
del Collegio, un ostacolo alla  declaratoria  di  incostituzionalita'
dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97, nei termini sopra  indicati.
Benche',  infatti,  l'intervento  manipolativo  della   Corte   possa
determinare l'individuazione di una nuova categoria di beneficiari di
una prestazione - quest'ultima costituita  appunto  dal  rimborso  di
spese legali - si tratterebbe  di  estendere  un  beneficio  che  non
avrebbe carattere continuativo, non riguarderebbe la generalita'  dei
beneficiari  potenziali  -  interessando  solo  i  funzionari   o   i
magistrati onorari  che  incorrano  in  giudizi  di  responsabilita',
occasionati  dall'esercizio  delle  funzioni,  e  conclusisi  con  il
completo  proscioglimento  del  funzionario  onorario  -  e  non   si
tradurrebbe in esborsi di danaro arbitrariamente determinati, essendo
il rimborso delle spese legali condizionato dal parere di  congruita'
della Avvocatura dello Stato. I maggiori oneri che si  riverserebbero
a carico del bilancio dello Stato risulterebbero,  quindi,  contenuti
e, comunque, sarebbero compensati dai benefici che  ridonderebbero  a
favore  dello  Stato  stesso,  in  termini  di  maggior  qualita'  ed
efficienza della giustizia amministrata  dai  magistrati  onorari,  e
diminuzione del rischio di invalidazione delle decisioni adottate  da
funzionari,  o  magistrati,  onorari   sottoposti   a   giudizio   di
responsabilita'. Per tale ragione, benche' l'intervento manipolativo,
sollecitato dalla  presente  questione  di  costituzionalita',  possa
determinare maggiori oneri a carico dello Stato, esso pare rispondere
ad un equilibrato contemperamento degli interessi in gioco. 
    16.  Va,  quindi,  dichiarata  rilevante  e  non   manifestamente
infondata  la  descritta  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 18 del decreto-legge n. 67/97, convertito  nella  legge  n.
135/97, in relazione agli artt. 3, 97, 104, comma 1, 107 e 108, comma
2, della Costituzione, nella parte  in  cui  non  prevede  che  l'ivi
contemplato rimborso delle spese legali spetti  anche  ai  funzionari
onorari chiamati a svolgere funzioni  sostitutive  o  integrative,  e
comunque  equivalenti,  a  quelle  svolte  da  funzionari  di  ruolo,
dipendenti  da  Amministrazioni  dello  Stato,  o,   quantomeno,   ai
magistrati onorari nominati ai sensi della legge n. 374/91. 
    17. Il presente giudizio va quindi sospeso con trasmissione degli
atti processuali alla Corte costituzionale.